«Mille, duemila, quanto prendi?»

Dice: «Aah ma te vedo che prendi appunti, che sei giornalista?»
Dico: «Sì, scrivo per un settimanale sportivo»
Dice: «Bello, bello. Mi cugino è giornalista. Prende tremila euro ar mese»
Dico: «Alla faccia! Beh, è pure uno quotato, allora»
Dice: «Sì, è inviato, ma sta sempre al chiodo tremila so pure pochi»
Dico: «Eh lo so ma se lavori a un quotidiano è così, l'orari te sballano co niente»
Dice: «E te?»
Dico: «Io che?»
Dice: «Eh, dico, te, quanto prendi? Mille, duemila?»
Dico: «Prego?»
Dice: «Dai quanto prendi»
Dico: «Mille, duemila?...E' uno scherzo?»
Dice: «No dai meno de quello non poi prende»
Dico: «Guardi che - cugino a parte - non è che girino ste grandi cifre»
Dice: «Vabbè, me voi dì che manco arrivi a mille? Ma non ce credo»
Dico: «Guarda, io se arriverò a prende le cifre che dici te, sarà pe n miracolo»
Dice: «Ma come fai a non arriva a quelle cifre, vojo dì, nun campi»
Dico: «Sentime n'attimo: n'amico è collaboratore (quindi manco giornalista co n contratto da giornalista nonostante lo sia) pe n quotidiano nazionale. Pe non pagallo decentemente lo fanno figura come collaboratore nonostante scriva a tutti gli effetti quasi tutti i giorni. A mille n c'ariva. Come la mettemo?»
Dice: «No, n ce credo»
Dico: «Te dico de sì»
Dice: «Ma non esiste na cosa così, me dispiace, non te credo. Too stai a nventà»


Il disgraziato dialogo, sfortunatamente, è tratto da un episodio avvenuto proprio questa mattina (22/5/16) presso un campo da gioco, mentre si disputava una partita d'andata della Coppa Provincia di Roma, che in Terza Categoria è considerata quasi come dei play-off a tutti gli effetti. Inizio a chiacchierare con questo signore come spesso accade sui campi, prima della partita, poi del più e del meno. Inevitabilmente si tocca la questione 'monetaria'. Un signore, dicevo, sulla sessantina, il cui figlio giocava con la squadra che in quel momento stava conducendo la partita. Parlando un po', mi racconta che lui - e dall'accento si capiva benissimo - non era di Roma e che si era trasferito quando era stato costretto a venire qui nel periodo della Leva. Rimase militare e poi - non so con quali passaggi perché non sono avvezzo delle procedure in seno al mondo militare - entrò in Polizia Penitenziaria. Chiacchieriamo dell'Astrea, la squadra della Penitenziaria, retrocessa in Eccellenza dopo anni di Serie D. Non so come iniziamo a parlare di questioni legate a soldi e stipendi, forse perché era interessato alla modalità di pagamento dei rimborsi chilometrici dell'arbitro che stava dirigendo la gara. In sostanza, questo signore non credeva minimamente che ci potesse essere forma di sfruttamento sul lavoro (in generale), né che potessero esistere forme di lavoro sottopagato. Come spiegare a questa fascia di persone che il mondo che hanno conosciuto loro è completamente collassato e accartocciato sotto i colpi della finanziarizzazione totale? Come spiegare a questo signore che le cifre di suo cugino - dipendente di un noto quotidiano nazionale da quel che mi diceva - non le vedrò mai e che se mi andrà bene per riuscire a vedere la metà di quello che prende  quel suo parente sarò costretto a fare due se non tre lavori? Tornando dal campo - nella pur breve strada che mi separava da lì a casa - mi sono interrogato su questo. Ma non sono riuscito a darmi risposte. O almeno non nell'immediato..

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